mercredi 8 décembre 2010

Carnet de voyage_11

La neige
Torno a sentire la neve che si scioglie scricchiolando sotto le mie scarpe. Ecco che ritorno fra i boschi silenziosi. Ogni cosa davvero tace, corro e ascolto il mio ansimare. Non so più dove sono gli umani e dove gli animali e gli alberi. Se osservi dall'alto un abete, mi ha detto il falco, vedrai il disegno del cristallo di neve. Ogni cosa si ripete all'infinito fuori e dentro di noi. Corro per arrancare nelle nubi del mio respiro caldo che affonda nel gelo. Ti rincorro senza speranza. Ogni volta voli via e di me non vuoi sapere nulla? Le cime all'alba pungono l'azzurro e nel tramonto si disegnano rosa fra le crepe delle rocce dolomiti. Da lontano anch'io sento il tuo profumo di legna bruciata. Vorrei aver ingoiato tutto l'alcool che mi serviva, per spiccare un balzo di ramo in ramo e raggiungere una tua ala, le morbide piume che accarezzo scorrendole una ad una fra le dita. Lasciami avvicinare. E dopo essermi avvicinato scorgo un orizzonte ancora più lontano. Dovrei stringere quelle piume fino a strapparle per interrompere la catena dei soli e di blu sempre più profondi. L'ossigeno mi manca e tutto il mi corpo trema. Un varco si apre urlante nel mio stomaco e scende fino alle gambe e sale fino alla bocca. Tu rubi il mio cuore strappandolo a cielo aperto.

Carnet de voyage_10

Passage
Ed ecco che, dopo due giorni di marcia forzata, scendendo dall'altro versante, arrivo alla meta che ho stranamente evitato in tutti questi mesi. Mi arrampico su un basso versante nero di lava, non cresce quasi nulla, sembra che qualcuno abbia versato grumi d'inchiostro fra le due pendici. Un passo oltre e davanti a me si apre finalmente il golfo di sud-est, con la sua lunga distesa di sabbia bianca e gialla. Una linea netta divide le due parti, lasciando attonito il viaggiatore che arrampicandosi le mani nere su quella friabile scaletta di lava, si ritrova davanti ad un altro mondo. Un paio di palme ondeggiano, isolate, appena sotto la pendice. Il sole scalda ogni centimetro e sento sulla mia testa la temperatura che aumenta di grado in grado. Ma nelle pieghe scolpite della sabbia umida, ancora le tracce del temporale di qualche ora fa.
Attraverso a piedi tre spiagge rosse, tre baie scintillanti sotto il sole. Il sentiero si inerpica sulle piattaforme, aggira le creste, scende gironzolando fra l'erba rada delle lastre di pietra, di rocce spumose. Mi getto nell'acqua gelida. Qualcosa che non mi fa paura.
Ora, posso tornare sulle montagne. Dal mio fantasma.

jeudi 21 octobre 2010

Traces

I smell you
like the wolfes.
You crackle the whole forest away
and I easily step onto your big prints.


I follow your sweat in which
you drown some fears, didn't you?


I lost my soul so I dare to
be human, be cruel, be aware
and run through the trees at night
when darkness is so thick
I breath swallowing pitch.

mardi 5 octobre 2010

Carnet de voyage_9

«E così sono caduto. In una frazione di secondo. Nel vuoto. Scivolata la mia mano sulla roccia liscia come una lastra di marmo. Liscia, fredda. E mentre le dita sfuggivano a quella presa disgraziata, il palmo sbatteva contro uno spuntone più basso, una bava di roccia, insignificante, che la coda del mio occhio non aveva centrato. Come un principiante. Un attimo eterno nella sua inutilità, e in un attimo la mia mente si era allontanata dalla parete, aveva ripercorso la valle tropicale all'indietro, aveva camminato sul sentiero colorato dalle bandierine di sutra, salito monti e volato nei deserti, immersa in tre mari... ed era atterrata su una scogliera del mediterraneo. Un aspro profumo di rosmarino, che qualcuno si era strofinato sulle mani. Per un attimo, il mio corpo era stato abbandonato, troppo a lungo. Troppo a lungo il tempo fra un respiro e l'altro, in quell'aria così sottile. Un sospiro profondo di stanchezza, un sospiro lungo inaspettato, per riempire i distratti polmoni vuoti. Avevo chiuso gli occhi, in quell'attimo così infinito. Come un burattino a cui avevano tagliato i fili, prima che la mia mente ritornasse in me, prima che potessi riconoscere da quale ricordo provenisse quell'aroma mediterraneo, mi sono sentito sfuggire alla pesantezza del mio stesso corpo. Le braccia ora leggere, tremavano per la tensione, fluttuando verso il cielo. Mi sembra di non poter ricordare quella paura intensa, che accumulava tutte le paure provate prima, tutte quelle paure sperimentate per affrontarne sempre una più grande. Inutilmente. Stavo precipitando da cime così alte che il mio unico pensiero era che a tale distanza, probabilmente, la forza di gravità mi avrebbe risucchiato verso il basso con ancora più violenza, contrariamente a tutto quello che diceva la scienza... La corda era attaccata. Ma non mi sembrava possibile che potesse resistere. Non so, la colpa della distrazione, mi faceva sentire la morte più vicina. La corda si tese al massimo. E si spezzò. Caddi ancora per qualche metro, sperimentando tutta la violenza delle mie ossa che sbattevano fra loro e sull'erba per niente morbida. Ma non sono morto. Non sono morto. Ogni volta che guardo una parete come questa, mi torna un brivido lungo la schiena. Ho paura di essere troppo vecchio per dimenticare il dolore. Il dolore è per i giovani, che lo possono superare, da vecchi, quel che è fatto è fatto, quel che non è fatto si trascina all'infinito...come il caratteraccio... » Alan tirò un sassolino in direzione del burrone.

dimanche 5 septembre 2010

Carnet de voyage_8

"Io vengo da un paesino così" mi disse Eslie, indicando un punto ipotetico in cui finiva il sentiero."Un posto dove non c'era niente, se non l'assenza di tutto, attraverso cui arrivava l'eco della guerra. Ma noi riuscivamo a piantare e coltivare qualcosa, non eravamo troppo alti. Erano rimaste solo le donne, che facevano tutto. Prima la guerra, poi l'emigrazione. Donne, vecchi e bambini. Tutti lavoravano. Ma le donne, più di tutti. Gerla in spalla, salivano la montagna fino ai prati in altitudine, a fare il fieno per le bestie. L'estate era corta, per sei mesi all'anno il paese rimaneva immerso nell'ombra della cima di fronte. Un giorno, mia nonna sentì una macchina che si fermava alla fine della strada, bisognava camminare un'ora per arrivare fino alla prima casa, ma noi stavamo dall'altra parte della valle in quel momento e i suoni salivano trasportati dall'eco da una parete all'altra. 'Arriva qualcuno'. Scese verso i visitatori, era la nuova maestra, accompagnata dal cugino che le portava le valigie. Mia nonna li raggiunse, si caricò nella gerla i bagagli e come un cerbiatto li precedette al villaggio. I due arrancavano dietro e rimasero esterefatti da quella velocità. Arrivati al paese la gente si era già distratta dalla notizia dell'arrivo della maestra. Su al pascolo, mentre mia nonna recuperava i forestieri, qualcuno aveva dato alla luce un bambino, alcune donne erano quindi scese prima con la nuova mamma. Il fagottino appena nato avvolto in un fazzolettone e adagiato nella gerla in mezzo all'erba tagliata. Quel giorno, le gerle ne avevano viste di cose ben strane.

samedi 14 août 2010

Carnet de voyage_7

Cala la notte, e sulla cima rotondeggiante della collina, l'ansia mi prende per tutto ciò che ho intorno, ho dovuto staccarmi dalle persone, dalla confusione. Una confusione minima, era quella del salotto di Alan, ma sono uscito, con la scusa di dovermi alzare presto la mattina dopo. Non credo che nessuno in particolare abbia notato la mia mancanza, e poi sono il cliché di me stesso, sono abituati a vedermi sparire. Ma non sanno che a farmi fuggire è stata la nausea della loro presenza. Mi formicolavano le braccia, forse per il fumo o per l'alcool, mi pesava il cuore nel petto, come se stessi respirando attraverso una gomma di macchina. Questo gioco di lontananza e di avvicinamento è faticoso e dopo tanti anni passati con me stesso, ancora non lo comprendo. Fuggo perché ho bisogno della solitudine per pensare, ma a contatto con le persone cerco la loro vicinanza, vorrei dei momenti brevi ed intensi in cui percorrerli con la mia testa, toccarli, mostrarsi e parlarsi apertamente. Poi però l'intimità mi spaventa, quello che ho appreso di loro, velocemente, basta per far partire la mia testa e allora devo allontanarmi, o la loro imponenza occuperà le mie notti e i miei giorni togliendomi il respiro del fare.

jeudi 12 août 2010

Le cadeau

À la rose
la belle rose du désert,
que tu tiens dans ta main brulante,
tremble le coeur de pierre
aux portes de l'éternel hiver.

Pétales incrustées de gypse
ornées au myriades de petit diamants
s'ouvrent sur les longues plongées de sable
dans l'or aveuglant des jours sans souffles
des sables sans noms
le long des torrides gouffres.

Seul la rose je désire
la belle rose sans la main

à qui le cœur de pierre allèges
le long chemin,
la belle rose du désert je demande
fleur du destin.

lundi 12 juillet 2010

Partout éclatait la lumière du soleil


Da questra finestra vedo i prati infiniti
che corrono verso le montagne
e dietro ogni cima
una cima più alta sembra guardarmi ringhiando

conosco i sentieri ed i passi affrettati
le soste lente e l'affanno della salita
vedere il cielo che si arrampica sul mio viso
ed intorno nulla
che sappia d'umana comunicazione

conosco un balzo oltre i confini
quelli nel vuoto
e nel pieno di una folla ubriaca

le notti nelle città, quelle di cui non conosci mai la periferia
e sulle spiagge calde, dalle albe facili
dove i nomi si dimenticano e i corpi soli
parlano e si scontrano.

Osservo il palmo della mia mano svanire
ai quattro angoli del pianeta
un sapore di cibo esotico ai mercati di Taipei
un profumo di caffé al mattino
in una stanza dalle bianche finestre di Lione
o i gatti che mi saltano addosso
nel retro di una casa del Kent

da dodicimila metri
le deserte pianure silenti della Siberia
e i piedi che cedono, e la testa che rotola
sulle dune sottili alla frontiera dell'europa oceanica.

Nel tempo senza tempo ho viaggiato
senza pilota, senza spettatori
e mentre mi fermo scende la mia nube,
e scivola ancora la mia mente,
nei miei pensieri sempre.

Di questa solitudine continuo a cercare
un ritorno eterno dall'insaziabile desiderio
ma di quella tristezza, io lo so bene
non ne vorrò mai più sapere.



jeudi 1 juillet 2010

Carnet de voyage_6

Lenz è un autore vissuto nella seconda metà del del settecento. Di lui scrive Georg Büchner. Il libro si intitola semplicemente Lenz. E ' un libro che definirei potente. Gli autori tedeschi, forse per la peculiare durezza della loro lingua, si arrampicano sulle parole e poi dalle parole alle frasi, e dalle frasi al periodo che costruisce complessi sistemi di associazione di pensiero...si arrampicano con una forza ed una incisività diamantinee. Nulla è semplice, nulla mi sembra così lontano dall'idea di romanticismo che mi hanno insegnato. Eppure ripercorrere ogni sillaba di questo viaggio mentale è un esperienza mutante. Lenz è pazzo, il libro si apre con la descrizione della foresta e della montagna, nella cui oscurità egli macina i chilometri per raggiungere una vetta che continuamente vede spuntare al di sopra delle cime degli alberi. Ma raggiunta una cima, lui sa già che ne troverà un' altra, e questa infinita impossibilità di conquistare con i suoi passi, con il suo stesso corpo la meta che la sua mente è così bene in grado di calcolare e comprendere, lo rende furioso e incontrollato nell'animo. Müdigkeit spürte er keine, nur war es ihm manchmal unangenehm, daß er nicht auf dem Kopf gehn konnte....solo gli rincresceva talvolta di non poter camminare sulla propria testa...Mentre seguiamo la descrizione di un violento temporale sulle alpi, improvvisamente questa frase ci strappa dall'oleografia paesaggistica, o dal racconto del terrore (era una notte buia e tempestosa...). In effetti si tratta di una scoperta che terrorizza. Colui che dalle prime righe del libro ci sta portando per mano in questo bosco, scopriamo subito, ha perso il senno, ma attraverso la mano che stringe la nostra, percepiamo tutto il dolore di questa perdita e ci lasciamo condurre. Perché attraverso Lenz, Büchner ci sta portando a chiederci che cos'è l'arte. Se possediamo un briciolo di umanità, a questa domanda non resteremo indifferenti. Questo libro mi ha portato fino nel nord,a percorrere i sentieri della vasta e scura foresta di aghiformi. Alla ricerca di Lenz, forse. Invece un pomeriggio ho semplicmente incontrato un cervo. Io sfrecciavo in bicicletta sul sentiero. Il bosco era silenzioso e solitario. Con la coda dell'occhio ho visto un grande animale, ma prima di poterlo davvero identificare ho sentito il rumore delle corna che sbattevano con forza fra i tronchi degli alberi, mentre come un forsennato scappava spaventato a causa mia. Io, al secondo stoc' son fuggito altrettanto terrorizzato nella direzione opposta. Incastrando le ruote nel solco di una traccia di ruota di camion, indurita nel fango, di quelli che trasportano i tronchi di legno. Ho storto la ruota davani della bicicletta, che non era neppure mia, ma in prestito, e mi sono graffiato tutto il lato destro del corpo. Fine di quello che poteva essere un epico incontro fra uomo e natura... Ma quel rumore, così insolito, ancora lo posso sentire nelle orecchie.

mardi 22 juin 2010

Carnet de voyage_5

Il tempo sull'isola scorre da subito, appena vi si mette piede, nè più lento nè più veloce, ma come appartenente ad un altra dimensione. Sarà perché ora le giornate sono lunghe, dal punto di vista astronomico, sarà perché non sto lavorando, o almeno non come d'abitudine, ma nei miei giorni qui ho notato che inanello una serie di ore fitte. Eppure, mi ritrovo su una scogliera o una collina, a fissare un tramonto, pensando di avere ancora una lunga sera davanti. È come se fossi qui da una vita. Non potrei sopportare un'esistenza spesa così, non io forse, ma anche solo dopo alcune settimane, in certi momenti non ricordo quando sono arrivato, che cosa ci faccio qui. Magari questo pensiero arriva con un bicchiere in mano, o mentre mi allaccio una scarpa, o discutendo con Alan di una vecchia Kawasaki abbandonata al porto...e un senso di vertigine mi coglie. L'isola, come con un movimento consolatorio, come se prendesse a cullarmi, scaccia ogni pensiero inutilmente inquietante.

mercredi 16 juin 2010

Carnet de voyage_4

Alan mi ha portato sulla faglia. Un passeggiata semplice ma estremamente scenografica. Si cammina sulla scogliera. Ovunque i fiori viola del timo selvatico, assaliti dagli sciami d'api. Come è possibile che questa pianta cresca qui, in mezzo all'oceano? Alan mi mostra la grande spaccatura nella roccia, che si incunea nell'acqua, come se un gigante l'avesse staccata dall'isola e gettata nel mare. Anzi, sembra come un fulmine pietrificato, e a picco sul suo bordo, sembra di percepire che da un momento all'altro potrebbe decidere di riprendere la sua corsa e trascinarti nelle profondità buie.
Il mare ondeggia fra i suoi colori, verde e blu cobalto... anche da così in alto, la sua trasparenza persiste fino a mostrarmi gli scogli a molti metri di profondità. Riesco persino a vedere un branco di pesci argentati che compatto taglia le correnti. La sensazione è di volare fra cielo e mare. Per una volta, lontano dalle due ruote, riesco a sentire la terra così leggera sotto i piedi. La schiena mi tira, le gambe, sedendomi sulla roccia le sento dure, la pancia vuota, gli occhi pieni di tutto e anche di stanchezza. Alan mi racconta un po' delle rocce di cui sono composte le due parti della faglia, due rocce di due mondi, due epoche diverse. Alan ha l'occhio limpido come questo mare, i capelli chiari, con i suoi occhiali e l'abbigliamento da trekking un po' fra il trasandato e il vecchio stile, ha proprio tutta l'aria dell'intellettuale in esilio. Di quelli che non hanno mai bisogno di nulla, eppure sono a loro agio in ogni situazione. Non gli manca mai niente.
Questo paesaggio, solare e verdeggiante fin nel profondo del dirupo, mi fa venire in mente Almeria. Che invece è secca e giallastra. Con quei colori Sergio Leone dipingeva i suoi paesaggi western. Stavo attraversando su una strada sterrata il parco di Cabo de Gata, alla ricerca delle spiagge più belle d'europa. Non so se sono le più belle, ma quello è il tipo di paesaggio che mi conquista. Era tarda mattinata, a metà della strada c'era una fattoria, non ho mai capito se fosse o meno abbandonata. E' che noi abbiamo un problema con la frenesia, se non vediamo del continuo movimento da formicaio attorno ai luoghi in cui viviamo, ci troviamo spaesati, abbandonati, e pensiamo subito che siano luoghi « improduttivi » non solo da un punto di vista lavorativo, ma anche umano. Lì accanto, le rovine di un vecchio mulino, come i mulini della Mancha di Don Chisciotte. Intorno, i boschi di Agave, le enormi foglie ritorte e gli alti tronchi che finiscono per crollare sotto il peso della preistorica altezza del loro fiore. Davanti alla casa però un paio di sparuti alberi, tutti bianchi per la polvere di gesso che continuamente si solleva. E sull'albero, confuso con il bianco, un Barbagianni, bellissimo e austero, che seguiva con l'occhio il mio arrivo. Mi sono fermato ad osservarlo, e così lui, mi osservava. Non ne avevo ancora visto uno così da vicino. Non si è mosso, non era spaventato, probabilmente era ben certo di essere lui a casa propria. Mi ha seguito con il muso. Un animale misterioso e affascinante. Raro e prezioso. Un incontro inestimabile. Sarei rimasto ore a fissarlo. Il mulino mi ha fatto tornare in mente la Mancha, Non ho mai letto il Don Chisciotte. Alan mi guarda a metà fra lo scandalizzato e l'incantato! - Mais tout de suite! Il faut que tu le lise tout de suite! Je te le prête, absolument, il faut qu'on passe chez mois, de toute façon j'en ai plusieurs éditions... j’espère ta moto va pas arrivé trop tôt parce-que j'ai hâte de discuter avec toi de ce que tu va découvrir...si tu va bien l’aimer! - Questo mi piace di Alan, mi sta parlando di uno dei capolavori della letteratura mondiale, e si augura che mi piaccia, con la semplicità di uno scrittore alle prime armi che ti sottopone il suo primo capitolo...

jeudi 10 juin 2010

Sur la falaise


Les pieds sur la falaise
au temps des proches continents
qui se touches e s'ignorent
mais pas sur l'île au rocher jaune et morbide.

J'entend, le coeur en tremble,
dans le vide à poil d'eau
comme la musique des étoiles
l'harmonie des pierres dans mes mains.

L'horizon qui éclabousse en vert et bleu cobalt
emporte les parfums sauvages de la fleur violette
et toutes les abeilles à la porté du soleil
se brisent les ailes dans les roseaux voraces.

lundi 7 juin 2010

Carnet de voyage _3

Al crepuscolo, scendendo dal sentiero est, il mio preferito, la prima casa che incontro è quella di Anne. La vedo attraverso le grandi vetrate del soggiorno illuminato, senza tende. E' seduta ad un lungo tavolo in pino. La testa appoggiata su un pugno, di lato. Fissa un vaso pieno di rose rosse. Passando davanti a casa sua la mattina presto la trovo seduta su una panca fuori dalla porta di casa, con la faccia sprofondata nel sole, oppure, se sta scrivendo, apre l'ombrellone e vedo spuntare solo le sue scarpe da giardino. Perché Anne possiede delle scarpe che utilizza solo per andare in giardino. Quelle orribili scarpe zoccolo che dietro non sono chiuse. Sono tremende. Non capisci niente, mi spiega Anne. Queste scarpe sono fantastiche, le infili in fretta per il giardino e non sbatti le dita contro i sassi o qualcosa. Qualsiasi cosa. La sua capacità di specificare la vaghezza, la trovo inquietante. Fissa un vaso di vetro trasparente, semplice. Dentro un gande mazzo di rose rosso carminio. Un rosa pende fuori dal vaso, Anne l'ha estratta per sentirne il profumo e poi l'ha rimessa nel vaso a metà. Nel buio della prima sera, una luce calda e gialla emana da quest'unica ampia finestra. Come in un quadro di Hopper nel paesaggio di una campagna di Magritte, le due luci del giorno e della sera si incontrano in quella finestra. E da questa apparente immobilità percepisco tutto il movimento di pensieri confusi e sconosciuti. Finché il mio orizzonte non ritrova la sua strada, posso solo compiere dei viaggi in territori che non appartengono alla geografia della ruota. Sono sicuro che sedendomi qui, in cima alla collina, potrei conoscere ogni cosa.

samedi 29 mai 2010

Carnet de voyage _2

by Alfonso Vido


Questo piccolo spazio mi sembra a volte davvero sconfinato. La strada esaurisce presto l'asfalto, la sabbia lentamente riempie i vuoti fra i grani neri di catrame scavati dall'acqua. Poi solo sterrato. Poi le buche, profonde, sassose. Rischierebbero di fracassare cerchioni e sospensioni. Mi abbasso per prendere in pugno un po' di questa sabbia sottile e giallastra, come farina di ceci. Dalla mano vola via al primo accenno di vento. Proseguo. Fa caldo ma ci sono ancora gli alberi e se alzo lo sguardo vedo che il bosco si infittisce. Accosto una specie di fattoria. La casa di pietra è malmessa, gli scuri blu grattati e crostosi. Nell'orto però ci sono le zucchine chiare, un po' cicciotte, con in cima succosi fiori. I pomodori maturano da sopra a sotto attaccati ad un bastoncino. Ci sono le pesche sull'albero e dei limoni enormi, forse non sono limoni ma cedri. Mi sembra di sentire emanare profumi e sapori. Per terra melanzane a destra e sinistra. Grosse, violacee sul punto di esplodere. Ho voglia di calpestarle per farle grondare polpa umidiccia, spaccare la buccia soda e sentire uno schiocco. Attaccati a delle corde, dei cani nei loro recinti di griglia verde. Abbaiano tutti assieme, poi mi guardano. Abbaiano di nuovo appena mi muovo. Il maremmano invece, silenzio, non si agita. Lui guarda qualcosa dall'altra parte della strada. Un lupo, un cane lupo in un altro recinto più in alto. La casa non sembra disabitata. Non c'è bucato steso sul filo. Mi sento un po' perduto. Vorrei arrivare ad una spiaggia e invece sto salendo. Non capisco, ma non è grave, da qualche parte arriverò. Se vai in alto, poi puoi guardare di sotto. E allora ritrovi l'orientameno.

mardi 25 mai 2010

Carnet de voyage _1

by Alfonso Vido

Dalla parte della foresta, l'isola cola a picco sul mare. Un'alta scogliera di roccia venata da densi strati di pietra lavica. Sto ancora facendo le mie piccole esplorazioni a piedi. La moto, impacchettata come fosse stata un cristallo di Svarowsky sul mercantile su cui lavora Vlad, ancora non è arrivata. Forse un paio di settimane, forse di più . Per questo mi scelgo come meta giornaliera qualche sentiero impervio. Non riesco a starmene a letto a riposare, come forse dovrei. Mi manca il fiato. Mi alzo e me ne vado al porto, mi informo sulle navi in arrivo. Vlad lo sento via skype, ma a dire il vero mi fido di lui fino ad un certo punto... Poi inizio ad arrampicarmi. Mi va di sentire la salita sotto il piede. Cammino con la testa bassa, guardo il sottobosco, povero, stretto nell'ombra, sempre umidiccio. Cerco di riconoscere qualche bulbo, una foglia, un fiore di fragola selvatica. Mi sembra di vedere l'asparago selvaggio che spunta qua e là, ma so che la stagione è passata, sono solo ricordi mescolati alle distratte impressioni di adesso. Anne si era offerta di accompagnarmi, e invece passando da casa sua l'ho trovata con una mano sulla tastiera del computer e l'altra con la cornetta del telefono attaccata alla spalla, mi ha fatto il cenno del poi, per l'ora dell'aperitivo. Anne sa già che quando parto sulla montagne poi non mi si vede per tutto il giorno. Peccato però, lei conosce bene le piante, speravo di raccogliere qualcosa di commestibile senza il rischio di morire avvelenato. Da quando ho visto Into the Wild, guardo con sospetto al fai da te erboristico. Eppure un tempo, in tenera età, raccoglievo le ortiche e il grisol per il risotto, e i funghi, sapevo riconoscere i porcini e i chiodini buoni...Boh magari mi riabituo, risveglio il naso e alleno l'occhio...

mardi 27 avril 2010

Rêve et Rage

Je rêve et je râle
je me berce comme une pomme
à l'ombre des arbres en fleurs
rose de pêches pétales
rouge était la cerise printemps

et la fleure que je porte sur ma chaire
crie à la mort, à la mort des ces temps
si sombres et aplati
creusée d'une perte qui n'est que le temps qui passe
nos destins se ressemblent tous
vers la fin ce n'est plus le centre du monde
mais une lointaine périphérie

plein les main de
certaines choses, qui ne retourneront plus
ou ne viendrons jamais
et cela,
bien certain à partir du tout au début

cette ligne que sur un miroir je dessine
me rapporte à la raison de l'inacceptable
sur la quelle je promène en pointes
un réflex hors du temps qui m'étreins.

mardi 13 avril 2010

Le Loup

del lupo,
io mangio la corteccia
fra gli alberi
le ombre si scambiano veloci
e come vapori del pensiero
si spandono fra le viole
pallide
nel gelido sottobosco.
il tuo nome mi possiede interamente
e solo in queste acque silenziose
la mia testa di capriolo galleggia
rigonfia salvata
e il mio corpo giace smembrato
dimentica questa parola
percorre di roccia in pozzanghera
un solitario sentiero
fin sull'acqua che sale e riscende
formando invisibili gorghi
lì si perdono i suoni
le attenzioni, i ricordi.

oltre la spiaggia
si trasforma
tutto il mio nero buio nella corrente
non giù nei fondi sabbiosi
ma su,
sui fili verso la valle
nelle spine, negli argani
eppure divora questa luce insostenibile che ancora mi acceca.

samedi 10 avril 2010

Indigo Song

I lay on pages of drafts
on flowers of ink
and I lay and I lay with nothing else to say
embedded into a circular thought
slippering through your finger they're like notes
this indigo morning sees you around
into your eyes a faithful hesitation
a very simple smile

and I lay in your hands through your fingers full of notes
and I lay on my drafts with nothing else to loose
as was said so was done
a long winter walk just to shake our souls, lonelyness
keep me away from regrets
drowned by the heat of a mortal coil.
I've been driven by so many of his fears
but I'm here, and I'm here to play
all the words you've been clustering from my pieces of sound
I've been hunting from silence
shining and glittering are my steps into the early morning
my favourite light, hardly born, between day and night.

I lay on pages of drafts
on flowers of ink
and I lay and I lay with nothing else to say.
I was driven by so many of my fears
but I'm here, and I'm here to play this game...
All those indigo notes collected from silence.

jeudi 8 avril 2010

Amico mio/Cuore mio

Amico mio/Cuore mio
riprendimi nelle tue parole
di questi pezzi sparsi il cuore
si riempie e si svuota un letto
come una monotona litania di eros e morte.

La memoria lavora e divora
di nient'altro sembra essere utile
a scalciare nel ventre vuoto
capace come un animale istintivo
ed io, io che sgorgo lacrime cantando
la musica delle sillabe che sempre finiscono in no,
cosa guardo di nuovo la stessa inquadratura
nello stesso punto della storia
nell'eterno ripetersi di simili inizi e fini.

Da giovane puoi dire, nella leggerezza
con un ramo di mirto in mano
che nulla sapevi eppure accadeva lo stesso.

Ora il tempo pianta i suoi cerchi, nella carne
e le spirali si avvinghiano ad ogni ritorno
e tornano le stesse frasi e gli stessi rumori
e i lamenti e i gemiti e i tremori e le incertezze
il dolore e la perversione, il potere e la crudeltà
ed'è la mia anima quella stretta che possiede
in una mappa ad occhi chiusi ed orecchie spente
dove perdersi non è possibile.

Il mio giro di carta è già consunto e se
oppressione fosse, per me implosa
soppressione sia di ogni secondo primo
che in più devo vivere in questo tempo
in questo mondo che non decifro
dove sempre sulla soglia
osservo senza comprenderne il punto in cui saltare.

Amico mio,
ora che anche tu fai il tuo giro
forse sono solo un'illusione in un riflesso di un momento
esistito in un luogo che io sola conosco.
Aggrappami voce muta ad ogni lettera scritta
questo universo componibile finirà per darsi un senso.

su lettere rosàda

Parole che odio, parole che amo.
l'amore e il suo campo facile da percorrere
e odio le orge di sentimenti ed accenti
aggettivi che si posano musicali su ogni sillaba
e sbavano sulle frasche e sui rami
e sotto la pelle e nei reconditi sogni

odio le ere e le are a frotte nelle chiese
l'ecclesia luminosa nella sua pura armonia
abbattuta, sventrata, amalgamata come un'enorme
ingestibile, non addentabile bianca meringa barocca

e le sventate dimenticanze dei tempi
presenti privati di fantasia
e l'incapacità di correre lungo quel binario
ritorto puntato verso il cielo
e della conseguenza della sopracitato amore
disperdere e nascondere le banali scuse

è la luce di aurora dita di rosa
che si disegna, nelle coppe di nettare
sulla rosada delle foglie del mirto.

amo un lungo giro intorno al senso
e i suoi sentieri del legno senza meta
inciampando fra le macerie del ricordo
e non sono più me ma sono le ..conseguenze
consecutive conseguenze
che amo infliggere bruciando la voce.

odio le q arroccate e le t preponderanti
le r così pesanti, come se la pece ci fosse nel bicchiere.
succhio le s roteando sulle sue sorelle
mentre le woahhhh picchiano come un orchestra
nella mia mente, nella mia mente
a tutte le frequenze, in tutte le onde
e mi trasportano su e mi aggrappano giù.

mardi 6 avril 2010

In the House of Love and Dissent

In the House of Love and Dissent
by Anne Corso

Coming very young from Italy to the island, Anne Corso in her anthology draws the lines of an untouchable eternal adolescence of the mind, lived between desire of love and the thirst for a wider sense to intend self-expression behind the unguarded borders of a small microcosmos.

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lundi 5 avril 2010

The Long Winter - Extr n.20

[...]

from my hotel's window
I can see the holes between the buildings
the white trees with glass arms
those holes filled with my emptyness

I can breath the unexplored city,
boiling under my feet
the taste of the hard language
knocks on my mind from the tv up there

so winter seems to end
in this far district of Istanbul
among other rooms and some places to eat

I spotted some flowers
in the garden of the palace
the pink flowers of peach
as it once was, the landscape of Japan

cold has left the cities
I get my purple coat back
I walk along the crowd
and easily loose my way

[...]

The Long Winter - Extr n.12

Jingling snowflakes
music letters
falling down a november night.
They kept rolling the air of December and January and February
love calendar by winter shorted
never warmed enough to melt the season.

I still play records of conversations
while I'm walking in lighter coat
on the same steps passing by and over although...
like little pieces of frozen music
I can feel them sharpening in my hands

I play those words and what I know
of your heart so dear to mine
I played them from pentagrammed leafs
and they echoed an entire soul
as if I could sink into your many worlds.

this pleasant trip were you is me
slips down to my throath sweet and thick
and breaks the boundaries of my physiology
melting blood and electricity straight to
the embodied mind.

flying flying on my wings
playing
playing loud and sound

fortunately, music is everywhere.

It's been a long winter

The Long Winter
by Asye Cole

As winter falls, the island gets more and more isolated. It's easy to loose sense of reality while trying to collect memories and putting in order events. Asye Cole tells us, as if from an only voice, fragments of many winters coming from different real and imaginary places of the mind at the time of the souls.

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mercredi 31 mars 2010

Les éditions de l'araignée est une toute petite maison d'éditions, fondée par Alan et Eslie Clouzeau à Saint Raade, un'île de l'Océan Atlantique ou le couple vit depuis toujours. Les éditions publient des contes e des poésies des abitants de Saint Raade, de diffèrentes provenances culturelles et géographiques. Entre eux, une partie vit a Saint Raade pendant toute l'anne, tandis que d'autres n'y passent que quelques mois par an. Avec ce blog, que nos deux amis nous ont demandée d'ouvrir e gérer a leur place, nous ferons connaître les contes e les récits des insulaires et, peut-être, celles de quelqu'un qui pris de curiosité aurait eu envie de passer quelque temps sur l'île.

La rédaction de Les éditions de l'araignée


Les éditions de l'araignée è una minuscola casa editrice, fondata da Alan ed Eslie Clouzeau a Saint Raade, un'isola dell'Oceano Atlantico dove i due vivono da sempre. La casa editrice pubblica racconti e poesie degli abitanti di Saint Raade, che hanno diverse provenienze culturali e geografiche. Alcuni vivono a Saint Raade da sempre, altri ne hanno fatto la loro dimora temporanea per alcuni mesi all'anno. Con questo blog, che i nostri due amici isolani ci hanno chiesto di aprire e gestire per loro, faremo conoscere le loro storie e chissà, quelle di qualcuno che, incuriosito, vorrà passare un po' di tempo sull'isola.

La redazione de Les éditions de l'araignée