samedi 29 mai 2010

Carnet de voyage _2

by Alfonso Vido


Questo piccolo spazio mi sembra a volte davvero sconfinato. La strada esaurisce presto l'asfalto, la sabbia lentamente riempie i vuoti fra i grani neri di catrame scavati dall'acqua. Poi solo sterrato. Poi le buche, profonde, sassose. Rischierebbero di fracassare cerchioni e sospensioni. Mi abbasso per prendere in pugno un po' di questa sabbia sottile e giallastra, come farina di ceci. Dalla mano vola via al primo accenno di vento. Proseguo. Fa caldo ma ci sono ancora gli alberi e se alzo lo sguardo vedo che il bosco si infittisce. Accosto una specie di fattoria. La casa di pietra è malmessa, gli scuri blu grattati e crostosi. Nell'orto però ci sono le zucchine chiare, un po' cicciotte, con in cima succosi fiori. I pomodori maturano da sopra a sotto attaccati ad un bastoncino. Ci sono le pesche sull'albero e dei limoni enormi, forse non sono limoni ma cedri. Mi sembra di sentire emanare profumi e sapori. Per terra melanzane a destra e sinistra. Grosse, violacee sul punto di esplodere. Ho voglia di calpestarle per farle grondare polpa umidiccia, spaccare la buccia soda e sentire uno schiocco. Attaccati a delle corde, dei cani nei loro recinti di griglia verde. Abbaiano tutti assieme, poi mi guardano. Abbaiano di nuovo appena mi muovo. Il maremmano invece, silenzio, non si agita. Lui guarda qualcosa dall'altra parte della strada. Un lupo, un cane lupo in un altro recinto più in alto. La casa non sembra disabitata. Non c'è bucato steso sul filo. Mi sento un po' perduto. Vorrei arrivare ad una spiaggia e invece sto salendo. Non capisco, ma non è grave, da qualche parte arriverò. Se vai in alto, poi puoi guardare di sotto. E allora ritrovi l'orientameno.

mardi 25 mai 2010

Carnet de voyage _1

by Alfonso Vido

Dalla parte della foresta, l'isola cola a picco sul mare. Un'alta scogliera di roccia venata da densi strati di pietra lavica. Sto ancora facendo le mie piccole esplorazioni a piedi. La moto, impacchettata come fosse stata un cristallo di Svarowsky sul mercantile su cui lavora Vlad, ancora non è arrivata. Forse un paio di settimane, forse di più . Per questo mi scelgo come meta giornaliera qualche sentiero impervio. Non riesco a starmene a letto a riposare, come forse dovrei. Mi manca il fiato. Mi alzo e me ne vado al porto, mi informo sulle navi in arrivo. Vlad lo sento via skype, ma a dire il vero mi fido di lui fino ad un certo punto... Poi inizio ad arrampicarmi. Mi va di sentire la salita sotto il piede. Cammino con la testa bassa, guardo il sottobosco, povero, stretto nell'ombra, sempre umidiccio. Cerco di riconoscere qualche bulbo, una foglia, un fiore di fragola selvatica. Mi sembra di vedere l'asparago selvaggio che spunta qua e là, ma so che la stagione è passata, sono solo ricordi mescolati alle distratte impressioni di adesso. Anne si era offerta di accompagnarmi, e invece passando da casa sua l'ho trovata con una mano sulla tastiera del computer e l'altra con la cornetta del telefono attaccata alla spalla, mi ha fatto il cenno del poi, per l'ora dell'aperitivo. Anne sa già che quando parto sulla montagne poi non mi si vede per tutto il giorno. Peccato però, lei conosce bene le piante, speravo di raccogliere qualcosa di commestibile senza il rischio di morire avvelenato. Da quando ho visto Into the Wild, guardo con sospetto al fai da te erboristico. Eppure un tempo, in tenera età, raccoglievo le ortiche e il grisol per il risotto, e i funghi, sapevo riconoscere i porcini e i chiodini buoni...Boh magari mi riabituo, risveglio il naso e alleno l'occhio...