dimanche 5 septembre 2010

Carnet de voyage_8

"Io vengo da un paesino così" mi disse Eslie, indicando un punto ipotetico in cui finiva il sentiero."Un posto dove non c'era niente, se non l'assenza di tutto, attraverso cui arrivava l'eco della guerra. Ma noi riuscivamo a piantare e coltivare qualcosa, non eravamo troppo alti. Erano rimaste solo le donne, che facevano tutto. Prima la guerra, poi l'emigrazione. Donne, vecchi e bambini. Tutti lavoravano. Ma le donne, più di tutti. Gerla in spalla, salivano la montagna fino ai prati in altitudine, a fare il fieno per le bestie. L'estate era corta, per sei mesi all'anno il paese rimaneva immerso nell'ombra della cima di fronte. Un giorno, mia nonna sentì una macchina che si fermava alla fine della strada, bisognava camminare un'ora per arrivare fino alla prima casa, ma noi stavamo dall'altra parte della valle in quel momento e i suoni salivano trasportati dall'eco da una parete all'altra. 'Arriva qualcuno'. Scese verso i visitatori, era la nuova maestra, accompagnata dal cugino che le portava le valigie. Mia nonna li raggiunse, si caricò nella gerla i bagagli e come un cerbiatto li precedette al villaggio. I due arrancavano dietro e rimasero esterefatti da quella velocità. Arrivati al paese la gente si era già distratta dalla notizia dell'arrivo della maestra. Su al pascolo, mentre mia nonna recuperava i forestieri, qualcuno aveva dato alla luce un bambino, alcune donne erano quindi scese prima con la nuova mamma. Il fagottino appena nato avvolto in un fazzolettone e adagiato nella gerla in mezzo all'erba tagliata. Quel giorno, le gerle ne avevano viste di cose ben strane.