lundi 12 juillet 2010

Partout éclatait la lumière du soleil


Da questra finestra vedo i prati infiniti
che corrono verso le montagne
e dietro ogni cima
una cima più alta sembra guardarmi ringhiando

conosco i sentieri ed i passi affrettati
le soste lente e l'affanno della salita
vedere il cielo che si arrampica sul mio viso
ed intorno nulla
che sappia d'umana comunicazione

conosco un balzo oltre i confini
quelli nel vuoto
e nel pieno di una folla ubriaca

le notti nelle città, quelle di cui non conosci mai la periferia
e sulle spiagge calde, dalle albe facili
dove i nomi si dimenticano e i corpi soli
parlano e si scontrano.

Osservo il palmo della mia mano svanire
ai quattro angoli del pianeta
un sapore di cibo esotico ai mercati di Taipei
un profumo di caffé al mattino
in una stanza dalle bianche finestre di Lione
o i gatti che mi saltano addosso
nel retro di una casa del Kent

da dodicimila metri
le deserte pianure silenti della Siberia
e i piedi che cedono, e la testa che rotola
sulle dune sottili alla frontiera dell'europa oceanica.

Nel tempo senza tempo ho viaggiato
senza pilota, senza spettatori
e mentre mi fermo scende la mia nube,
e scivola ancora la mia mente,
nei miei pensieri sempre.

Di questa solitudine continuo a cercare
un ritorno eterno dall'insaziabile desiderio
ma di quella tristezza, io lo so bene
non ne vorrò mai più sapere.



jeudi 1 juillet 2010

Carnet de voyage_6

Lenz è un autore vissuto nella seconda metà del del settecento. Di lui scrive Georg Büchner. Il libro si intitola semplicemente Lenz. E ' un libro che definirei potente. Gli autori tedeschi, forse per la peculiare durezza della loro lingua, si arrampicano sulle parole e poi dalle parole alle frasi, e dalle frasi al periodo che costruisce complessi sistemi di associazione di pensiero...si arrampicano con una forza ed una incisività diamantinee. Nulla è semplice, nulla mi sembra così lontano dall'idea di romanticismo che mi hanno insegnato. Eppure ripercorrere ogni sillaba di questo viaggio mentale è un esperienza mutante. Lenz è pazzo, il libro si apre con la descrizione della foresta e della montagna, nella cui oscurità egli macina i chilometri per raggiungere una vetta che continuamente vede spuntare al di sopra delle cime degli alberi. Ma raggiunta una cima, lui sa già che ne troverà un' altra, e questa infinita impossibilità di conquistare con i suoi passi, con il suo stesso corpo la meta che la sua mente è così bene in grado di calcolare e comprendere, lo rende furioso e incontrollato nell'animo. Müdigkeit spürte er keine, nur war es ihm manchmal unangenehm, daß er nicht auf dem Kopf gehn konnte....solo gli rincresceva talvolta di non poter camminare sulla propria testa...Mentre seguiamo la descrizione di un violento temporale sulle alpi, improvvisamente questa frase ci strappa dall'oleografia paesaggistica, o dal racconto del terrore (era una notte buia e tempestosa...). In effetti si tratta di una scoperta che terrorizza. Colui che dalle prime righe del libro ci sta portando per mano in questo bosco, scopriamo subito, ha perso il senno, ma attraverso la mano che stringe la nostra, percepiamo tutto il dolore di questa perdita e ci lasciamo condurre. Perché attraverso Lenz, Büchner ci sta portando a chiederci che cos'è l'arte. Se possediamo un briciolo di umanità, a questa domanda non resteremo indifferenti. Questo libro mi ha portato fino nel nord,a percorrere i sentieri della vasta e scura foresta di aghiformi. Alla ricerca di Lenz, forse. Invece un pomeriggio ho semplicmente incontrato un cervo. Io sfrecciavo in bicicletta sul sentiero. Il bosco era silenzioso e solitario. Con la coda dell'occhio ho visto un grande animale, ma prima di poterlo davvero identificare ho sentito il rumore delle corna che sbattevano con forza fra i tronchi degli alberi, mentre come un forsennato scappava spaventato a causa mia. Io, al secondo stoc' son fuggito altrettanto terrorizzato nella direzione opposta. Incastrando le ruote nel solco di una traccia di ruota di camion, indurita nel fango, di quelli che trasportano i tronchi di legno. Ho storto la ruota davani della bicicletta, che non era neppure mia, ma in prestito, e mi sono graffiato tutto il lato destro del corpo. Fine di quello che poteva essere un epico incontro fra uomo e natura... Ma quel rumore, così insolito, ancora lo posso sentire nelle orecchie.