samedi 14 août 2010

Carnet de voyage_7

Cala la notte, e sulla cima rotondeggiante della collina, l'ansia mi prende per tutto ciò che ho intorno, ho dovuto staccarmi dalle persone, dalla confusione. Una confusione minima, era quella del salotto di Alan, ma sono uscito, con la scusa di dovermi alzare presto la mattina dopo. Non credo che nessuno in particolare abbia notato la mia mancanza, e poi sono il cliché di me stesso, sono abituati a vedermi sparire. Ma non sanno che a farmi fuggire è stata la nausea della loro presenza. Mi formicolavano le braccia, forse per il fumo o per l'alcool, mi pesava il cuore nel petto, come se stessi respirando attraverso una gomma di macchina. Questo gioco di lontananza e di avvicinamento è faticoso e dopo tanti anni passati con me stesso, ancora non lo comprendo. Fuggo perché ho bisogno della solitudine per pensare, ma a contatto con le persone cerco la loro vicinanza, vorrei dei momenti brevi ed intensi in cui percorrerli con la mia testa, toccarli, mostrarsi e parlarsi apertamente. Poi però l'intimità mi spaventa, quello che ho appreso di loro, velocemente, basta per far partire la mia testa e allora devo allontanarmi, o la loro imponenza occuperà le mie notti e i miei giorni togliendomi il respiro del fare.

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